Città della Scienza e spiaggia pubblica
Lettera a Repubblica Napoli
6 settembre 2013
pag. IX
Lettera a Repubblica Napoli
6 settembre 2013
pag. IX
PUBBLICATO SU REPUBBLICA NAPOLI DEL 28 AGOSTO 2013 - pagina IX
Due articoli pregevoli apparsi negli ultimi giorni sulla stampa nazionale ci invitano ad una riflessione sull'area di Bagnoli a partire dal nuovo parco scientifico e tecnologico Genova Hi Tech e dalla trasformazione della Ruhr in Germania. Si tratta dell’articolo di Federico Rampini, su la Repubblica del 12 agosto, “Silicon Valley, Italia. Genova hi-tech, il Parco del futuro”, e quello a firma di Pietro Greco su l’Unità del 7 agosto, “Bagnoli, dopo la fabbrica il nulla”: a dispetto del titolo tutto napoletano, un’interessante comparazione tra quanto succede a Bagnoli e la riconversione dell’area Ruhr in Germania.
Partiamo da un confronto tra quanto sta accadendo in questi anni sulla collina di Erzelli a Genova – oltre 40 ettari affacciati sul mare dell’aeroporto Cristoforo Colombo – e i risultati ottenuti in Germania. Anzitutto la consapevolezza che la fase dell’industria pesante e inquinante, in primis quella siderurgica, si è chiusa per sempre, e che occorre un nuovo modello di sviluppo basato sulla ricerca, la formazione, “la reciproca fertilizzazione tra pubblico e privato, tra ricerca pura e applicazioni produttive” (Rampini), in un mix di grandi investimenti tecnologico-scientifici e piccole start-up ad alto tasso di creatività. È quello che si dice “un contesto favorevole all’innovazione”, comune a tante aree motori di sviluppo che ha nella Silicon Valley il suo esempio più noto.
Nel parco scientifico e tecnologico di Genova hi-tech hanno investito in laboratori di ricerca Ericsson e Siemens, con 1700 unità. Al loro fianco è già attivo un Innovation Garage aperto alle idee di giovani talenti, e vi arriverà la facoltà di Ingegneria. Nella più vasta Ruhr vi sono oggi 15 Università, centri di ricerca e “un’industria creativa vivacissima” (Greco).
Secondo elemento in comune, non solo a Genova e alla Ruhr ma a tutte le aree di questo tipo, è la qualità ambientale, non solo per attrarre personale qualificato ma anche come condizione di un contesto adeguato alla nascita di nuove idee. E dunque a Genova su 40 ettari, 20 sono destinati a parco, ma vi sorgeranno anche ristoranti, asili, librerie, negozi di musica. La Ruhr è diventata un immenso parco pubblico, con boschi, piste ciclabili, musei, canali riabilitati, tanto da diventare un’area che attrae il doppio di turisti di Pompei ed Ercolano.
Terzo elemento decisivo è la capacità di governance, di coinvolgere le istituzioni e gli investitori privati, ma anche l’intera comunità di riferimento. In Germania, la società Iba Emscher-Park ha raccolto 350 progetti dal basso, con 2 miliardi di investimenti del governo regionale. A Genova sono stati i privati a fare finora la parte principale, con 1,5 miliardi.
Infine, la tempistica. La Ruhr è rinata in circa 10 anni ed oggi è fiorente, con disoccupazione al minimo e alti redditi. Il parco di Genova hi-tech è nato nel 2003, ma produce già oggi 15.000 posti di lavoro.
Che cosa ne è di Bagnoli a vent’anni dalla dismissione, è sotto gli occhi di tutti. Il disinquinamento dell’area e la valorizzazione ambientale sono a zero. Di investimenti neanche l’ombra, neppure per fare case. Alcuni impianti già costruiti marciscono al sole, e il polo di Città della Scienza – embrione di uno sviluppo diverso – è in parte bruciato. La governance asfittica di Bagnoli Futura e del Comune di Napoli non è mai stata in grado di coinvolgere le forze migliori della città in un progetto trasparente e condiviso. Eppure, la bellezza dei luoghi è fuori discussione, e il patrimonio paesaggistico-culturale dei Campi Flegrei è di assoluto rilievo. Napoli possiede diverse Università e centri di ricerca con punte di eccellenza. Che cosa impedisce ad un’area come Bagnoli di affermarsi come volano di sviluppo sostenibile e riserva di qualità ambientale fruibile da tutti i cittadini?
Anzitutto, la vicenda di Bagnoli è sempre stata contrassegnata da una forte opacità sui programmi in corso. Che cosa intende fare l’amministrazione comunale per la rinascita di quest’area? Esiste un master plan? Perché non sottopone le sue idee – se ne ha – all’attenzione trasparente dei cittadini e degli investitori?
Vi è poi una questione culturale legata in molti ranghi dell’élite culturale napoletana ad una visione urbanistica d’altri tempi. È ancora molto diffusa l’idea che non sia possibile conciliare una spiaggia pubblica al servizio di tutti i cittadini con un museo scientifico o con attività di ricerca, mentre molte esperienze d’eccellenza dicono esattamente il contrario. Non è la tabula rasa tutta a carico pubblico che può generare risultati sostenibili, ma l’equilibrio di investimenti pubblici, soprattutto nella qualità ambientale, e di investimenti privati in attività innovative, come moltiplicatori economici per tutta la città. Le due cose non possono che marciare insieme: un grande parco per il tempo libero al fianco di attività compatibili e di centralità urbane.
Dopo confronto tra la situazione di Bagnoli a Napoli e la riqualificazione della zona Ruhr in Germania, Pietro Greco - su l'Unità di oggi 19 agosto - torna sul tema dell'economia della conoscenza e della cultura. Benché oggi i beni e servizi basati su ricerca sceintifica, creatività, formazione e sanità altamente qualificata generino all'incirca il 60% del PIL mondiale, nel nostro Paese sono proprio questi i settori in cui si taglia di più. Così "il nostro sistema industriale produce beni a basso e medio tasso di conoscenza aggiunto", trovandosi a competere con le economie "emergenti" soprattutto sul fronte del costo del lavoro e dei diritti sindacali. Ciò ha effetti depressivi sia sulla vita delle persone che sull'economia nel suo complesso.
Due articoli pregevoli apparsi negli ultimi giorni sulla stampa nazionale ci invitano ad una riflessione sull'area di Bagnoli a partire dal nuovo parco scientifico e tecnologico Genova Hi Tech e dalla trasformazione della Ruhr in Germania. Si tratta dell’articolo di Federico Rampini, su la Repubblica del 12 agosto, “Silicon Valley, Italia. Genova hi-tech, il Parco del futuro”, e quello a firma di Pietro Greco su l’Unità del 7 agosto, “Bagnoli, dopo la fabbrica il nulla”: a dispetto del titolo tutto napoletano, un’interessante comparazione tra quanto succede a Bagnoli e la riconversione dell’area Ruhr in Germania.
Partiamo da un confronto tra quanto sta accadendo in questi anni sulla collina di Erzelli a Genova – oltre 40 ettari affacciati sul mare dell’aeroporto Cristoforo Colombo – e i risultati ottenuti in Germania. Anzitutto la consapevolezza che la fase dell’industria pesante e inquinante, in primis quella siderurgica, si è chiusa per sempre, e che occorre un nuovo modello di sviluppo basato sulla ricerca, la formazione, “la reciproca fertilizzazione tra pubblico e privato, tra ricerca pura e applicazioni produttive” (Rampini), in un mix di grandi investimenti tecnologico-scientifici e piccole start-up ad alto tasso di creatività. È quello che si dice “un contesto favorevole all’innovazione”, comune a tante aree motori di sviluppo che ha nella Silicon Valley il suo esempio più noto.
Nel parco scientifico e tecnologico di Genova hi-tech hanno investito in laboratori di ricerca Ericsson e Siemens, con 1700 unità. Al loro fianco è già attivo un Innovation Garage aperto alle idee di giovani talenti, e vi arriverà la facoltà di Ingegneria. Nella più vasta Ruhr vi sono oggi 15 Università, centri di ricerca e “un’industria creativa vivacissima” (Greco).
Secondo elemento in comune, non solo a Genova e alla Ruhr ma a tutte le aree di questo tipo, è la qualità ambientale, non solo per attrarre personale qualificato ma anche come condizione di un contesto adeguato alla nascita di nuove idee. E dunque a Genova su 40 ettari, 20 sono destinati a parco, ma vi sorgeranno anche ristoranti, asili, librerie, negozi di musica. La Ruhr è diventata un immenso parco pubblico, con boschi, piste ciclabili, musei, canali riabilitati, tanto da diventare un’area che attrae il doppio di turisti di Pompei ed Ercolano.
Terzo elemento decisivo è la capacità di governance, di coinvolgere le istituzioni e gli investitori privati, ma anche l’intera comunità di riferimento. In Germania, la società Iba Emscher-Park ha raccolto 350 progetti dal basso, con 2 miliardi di investimenti del governo regionale. A Genova sono stati i privati a fare finora la parte principale, con 1,5 miliardi.
Infine, la tempistica. La Ruhr è rinata in circa 10 anni ed oggi è fiorente, con disoccupazione al minimo e alti redditi. Il parco di Genova hi-tech è nato nel 2003, ma produce già oggi 15.000 posti di lavoro.
Che cosa ne è di Bagnoli a vent’anni dalla dismissione, è sotto gli occhi di tutti. Il disinquinamento dell’area e la valorizzazione ambientale sono a zero. Di investimenti neanche l’ombra, neppure per fare case. Alcuni impianti già costruiti marciscono al sole, e il polo di Città della Scienza – embrione di uno sviluppo diverso – è in parte bruciato. La governance asfittica di Bagnoli Futura e del Comune di Napoli non è mai stata in grado di coinvolgere le forze migliori della città in un progetto trasparente e condiviso. Eppure, la bellezza dei luoghi è fuori discussione, e il patrimonio paesaggistico-culturale dei Campi Flegrei è di assoluto rilievo. Napoli possiede diverse Università e centri di ricerca con punte di eccellenza. Che cosa impedisce ad un’area come Bagnoli di affermarsi come volano di sviluppo sostenibile e riserva di qualità ambientale fruibile da tutti i cittadini?
Anzitutto, la vicenda di Bagnoli è sempre stata contrassegnata da una forte opacità sui programmi in corso. Che cosa intende fare l’amministrazione comunale per la rinascita di quest’area? Esiste un master plan? Perché non sottopone le sue idee – se ne ha – all’attenzione trasparente dei cittadini e degli investitori?
Vi è poi una questione culturale legata in molti ranghi dell’élite culturale napoletana ad una visione urbanistica d’altri tempi. È ancora molto diffusa l’idea che non sia possibile conciliare una spiaggia pubblica al servizio di tutti i cittadini con un museo scientifico o con attività di ricerca, mentre molte esperienze d’eccellenza dicono esattamente il contrario. Non è la tabula rasa tutta a carico pubblico che può generare risultati sostenibili, ma l’equilibrio di investimenti pubblici, soprattutto nella qualità ambientale, e di investimenti privati in attività innovative, come moltiplicatori economici per tutta la città. Le due cose non possono che marciare insieme: un grande parco per il tempo libero al fianco di attività compatibili e di centralità urbane.
Dopo confronto tra la situazione di Bagnoli a Napoli e la riqualificazione della zona Ruhr in Germania, Pietro Greco - su l'Unità di oggi 19 agosto - torna sul tema dell'economia della conoscenza e della cultura. Benché oggi i beni e servizi basati su ricerca sceintifica, creatività, formazione e sanità altamente qualificata generino all'incirca il 60% del PIL mondiale, nel nostro Paese sono proprio questi i settori in cui si taglia di più. Così "il nostro sistema industriale produce beni a basso e medio tasso di conoscenza aggiunto", trovandosi a competere con le economie "emergenti" soprattutto sul fronte del costo del lavoro e dei diritti sindacali. Ciò ha effetti depressivi sia sulla vita delle persone che sull'economia nel suo complesso.