Per porre finalmente mano alla questione di Scampia, e delle Vele in particolare, occorre comprendere un dato fondamentale, storicamente acquisito. Il modello modernista di insediamento urbano caratterizzato da grandi edifici separati da ampi spazi, per la viabilità e il verde, è sostanzialmente fallito per varie ragioni.
Anzitutto tali insediamenti, a differenza di quanto teorizzato da Le Corbusier, sono molto spesso divenuti quartieri-dormitorio, privi di servizi e di funzioni differenziate. Inoltre, più in generale, per le loro dimensioni dilatate e la mancanza di allineamento lungo le strade, essi si sono dimostrati incapaci di produrre "effetto città", ovvero la tipica densità urbana dei quartieri storici.
Il vantaggio rappresentato dagli ampi spazi verdi deve dunque essere accompagnato, a distanza pedonale, da aree con maggiore concentrazione di relazioni e attività.
In definitiva Scampia non ha bisogno di nuovi mega progetti ma piuttosto di interventi che ristabiliscano la scala umana dei rapporti spaziali e sociali, concordati con gli abitanti e in grado di accogliere nuove fasce di residenti.
Stabilito questo principio, e senza rinunciare ai grandi spazi aperti, si tratterebbe di costruire ex novo, al fianco di una delle Vele da ristrutturare (e al posto delle altre da demolire), un quartiere urbano e multifunzionale, che potrebbe anche inglobare funzioni e attività pregiate (l'Università) o di cerniere con la città metropolitana. Inutile dire che un nuovo quartiere in quel luogo potrebbe essere immaginato come modello di sostenibilità e "no cars zone" (niente auto ma solo viali pedonali e ciclabili). E almeno parzialmente un nuovo esperimento di auto-costruzione da parte degli abitanti...
Un progetto da individuare attraverso un concorso di urbanistica e architettura che certamente attirerebbe l'attenzione di tutto il mondo.
Foto: Rassegna "Periferie del Mondo", Scampia, 2007 ; Panoramio photo by: Leonardo81
Per approfondire i temi del testo, rimando al terzo capitolo seconda parte del mio libro Il progetto urbano nella città contemporanea, intitolato "La misura umana"
Anzitutto tali insediamenti, a differenza di quanto teorizzato da Le Corbusier, sono molto spesso divenuti quartieri-dormitorio, privi di servizi e di funzioni differenziate. Inoltre, più in generale, per le loro dimensioni dilatate e la mancanza di allineamento lungo le strade, essi si sono dimostrati incapaci di produrre "effetto città", ovvero la tipica densità urbana dei quartieri storici.
Il vantaggio rappresentato dagli ampi spazi verdi deve dunque essere accompagnato, a distanza pedonale, da aree con maggiore concentrazione di relazioni e attività.
In definitiva Scampia non ha bisogno di nuovi mega progetti ma piuttosto di interventi che ristabiliscano la scala umana dei rapporti spaziali e sociali, concordati con gli abitanti e in grado di accogliere nuove fasce di residenti.
Stabilito questo principio, e senza rinunciare ai grandi spazi aperti, si tratterebbe di costruire ex novo, al fianco di una delle Vele da ristrutturare (e al posto delle altre da demolire), un quartiere urbano e multifunzionale, che potrebbe anche inglobare funzioni e attività pregiate (l'Università) o di cerniere con la città metropolitana. Inutile dire che un nuovo quartiere in quel luogo potrebbe essere immaginato come modello di sostenibilità e "no cars zone" (niente auto ma solo viali pedonali e ciclabili). E almeno parzialmente un nuovo esperimento di auto-costruzione da parte degli abitanti...
Un progetto da individuare attraverso un concorso di urbanistica e architettura che certamente attirerebbe l'attenzione di tutto il mondo.
Foto: Rassegna "Periferie del Mondo", Scampia, 2007 ; Panoramio photo by: Leonardo81
Per approfondire i temi del testo, rimando al terzo capitolo seconda parte del mio libro Il progetto urbano nella città contemporanea, intitolato "La misura umana"